Si è svolta ieri la prima giornata dell'anteprima Taurasi 2005. Interessante la conferenza stampa, coordinata da Luciano Pignataro, nella quale i giudizi sull'annata sono stati espressi direttamente dagli enologi che hanno lavorato nei vigneti e in cantina.
Innanzitutto, il giudizio finale: annata ottima (4 stelle), poi i distinguo.
Si è trattata di una annata difficile, soprattutto nell'ultimo periodo. Tutto bene fino a metà agosto, poi le piogge hanno reso complicata l'ultima fase di maturazione delle uve e le hanno esposte maggiormente a malattie e muffe (ricordiamo che l'aglianico irpino ha grappolo molto fitto, che rende complicato anche solo asciugare gli acini). Questa valutazione generale deve, però, essere più circostanziata considerando l'estensione del territorio della DOCG e l'elevata eterogeneità dei terreni e delle esposizioni, per cui si sono avute situazioni veramente eccellenti e situazioni molto più complicate da gestire in cantina.
La valutazione della commissione è stata di notevole uniformità tra i 12 campioni esaminati, che hanno manifestato una spiccata tipicità, ottima freschezza e tannini non ancora maturi (cosa peraltro normale per dei bambini come i taurasi 2005).
Interessante il dibattito successivo, in particolare per due considerazioni evidenziatesi, sulle quali la nostra cantina è molto sensibile:
1. il taurasi è un grande vino, equvalente ai grandi rossi del Centro-Nord, ma pecca in marketing e comunicazione. In particolare, due sono i livelli, strettamente correlati, dove si evidenziano carenze; in primo luogo, nella comunicazione del taurasi in quanto grande vino tipico, in secondo luogo, nel marketing territoriale, taurasi continua ad avere un solo ristorante, nessuna capacità ricettiva e, se uscite dall'autostrada ad avellino, trovate ogni tipo di indicazione stradale meno quella per arrivare a Taurasi (è una semplificazione del concetto, per far capire che siamo veramente a zero).
2. i disciplinari di produzione sono davvero utili per la valorizzazione del taurasi? qui ci si è divisi fra chi ritiene che il disciplinare sia, pur nella sua rigidità, un semplice strumento che non condiziona la produzione, e chi, viceversa, ritiene che sia un vincolo gravoso che non permette di esprimere al meglio il prodotto, in particolare ostinandosi ad utilizazare solo 100% aglianico e a non sfruttare quel 15% che il disciplinare pur lascia a disposizione per altre uve (autoctone e non internazionali, cioè posso migliorare il taurasi con lo sciascinoso ma non con il cabernet). Personalmente crediamo che l'aglianico abbia un tale potenziale, in parte ancora da scoprire, e una tale qualità da meritare di essere vinificato in purezza, tuttavia se altre uve possono, soprattutto in stagioni non eccelse, aiutare a rendere il vino più "vendibile" questo deve essere visto come una opportunità e non un reato di lesa maestà.
Una considerazione a piè di lista. Ottima la cena di gala. Ho avuto la possibilità, in mancanza dell'ottimo Taurasi Convivio di TerreColte, a distanza di qualche mese, di bere nuovamente il Taurasi Cinque Querce 2004 di Salvatore Molettieri. Allora mi era sembrato grande, ieri, freddo, mi è sembrato immenso, difficilmente superabile da brunelli e baroli, peccato il maledetto marketing..................
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